306 // Venti di scirocco 3 // Viaggiando per mare di notte, di Lucia Guidorizzi

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Per quanto sta in te

E se non puoi la vita che desideri
cerca almeno questo
per quanto sta in te: non sciuparla
nel troppo commercio con la gente
con troppe parole in un viavai frenetico.
Non sciuparla portandola in giro
in balía del quotidiano
gioco balordo degli incontri
e degli inviti,
fino a farne una stucchevole estranea.

Constantino Kavafis

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I mesi precedenti alla pandemia ad opera del Coronavirus erano stati mesi strani, convulsi: si era prodotta nella vita di ogni giorno una strana accelerazione nei ritmi e nelle richieste, in una specie di continuo gioco al rialzo. Una sorta di bulimia si era insediata nel nostro fare, alterando il respiro dei giorni. Si trattava di un’urgenza sempre più impellente a produrre in continuazione, in un circolo vizioso sempre più deprivato di senso. Questo ritmo incalzante mi faceva pensare a quello che Kavafis chiamava “gioco balordo degli incontri e degli inviti”. Stordita da questo presenzialismo affannato la nostra vita stava via via diventando una stucchevole estranea.

Poi un giorno tutto è crollato e il castello del nostro alacre operare si è dissolto in un attimo. Ci siamo trovati all’improvviso con una grande quantità di tempo a disposizione. In questa inaspettata deriva, in un tempo sospeso, ma non inerte, per sfuggire al quotidiano orrore e dolore del computo delle morti e dei contagi, abbiamo ricominciato a viaggiare dentro le parole e nell’immaginazione, per trovare spazi e luoghi che non frequentavamo da tempo. Abbiamo riaperto libri dimenticati e cassetti chiusi, ritrovando la voce dei poeti che amavamo e vecchie fotografie che ci parlavano di luminosi trascorsi. Abbiamo cominciato a fare quello che Carlos Castaneda chiamava “esercizio di ricapitolazione”, ovvero ripercorrere con la memoria i nostri trascorsi. Ricapitolare gli eventi importanti della propria vita è un modo per sciogliere nodi emotivi, sospesi, traumi rimossi e per lasciar circolare nuove forze di energia. In questo scenario che si fa più nitido, come l’aria più limpida a causa dell’interruzione di tutto il nostro convulso fabbricare, siamo pronti a partire per il viaggio sul mare di notte. “Il viaggio per mare di notte” è uno dei temi ricorrenti nella mistica universale. Quando l’uomo si ritrova perduto, senza più appigli, certezze e punti di riferimento è lì che inizia il suo viaggio, la sua navigazione perigliosa, senza certezza alcuna di porti e di approdi. Nella notte oscura, questo viaggio accerchiato dall’ignoto, diviene momento topico del percorso conoscitivo.

Il mare era chiamato dai greci in due modi che ne rappresentavano la duplice valenza: “pontos”, ovvero distesa sterminata e ancestrale delle acque, abisso sterile ed oscuro e “poros”, ovvero passaggio, rotta, navigazione, ma anche espediente. Il mare è quindi allo stesso tempo il luogo delle aporie e dei passaggi. Solo lì dove ci troviamo arresi, domati, inizia il nostro viaggio verso mete inaudite. Questo tempo di segregazione dilazionata che stiamo vivendo diviene occasione conoscitiva: attraversamento della notte oscura per ritrovare la propria autenticità, lasciando andare quanto di superfluo che zavorra le nostre vite. Nel silenzio che domina le nostre giornate si impara la sottrazione, eliminando ogni bagaglio inessenziale. San Giovanni della Croce la chiamava Notte oscura dell’anima: momento in cui lo spirito si libera dei pesi imposti dal nostro voler esserci ed agire ad ogni costo. Possiamo paragonare tutto questo al processo alchemico, in cui la fase della nigredo corrisponde al sopraggiungere dell’ombra che oscurando ogni cosa crea le premesse per fare spazio al nuovo. Questo periodo di quarantena e d’isolamento diviene quindi un momento conoscitivo in cui, messe a tacere le voci del fare compulsivo che frastornava le nostre giornate, si fa spazio al silenzio ed all’introspezione. Siamo pronti a salpare per il viaggio sul mare di notte.

Lucia Guidorizzi

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(Articolo a cura di Lucia Guidorizzi

Fotografia di Giovanni Asmundo, “Hals”, 2011, porto sepolto e templi di Selinunte. Oltre alla foto, desidero dedicare alcuni miei versi alla splendida riflessione, attenta ed evocativa, stesa dall’autrice.

Navigheremo tra gemme di stelle
nel silenzio massivo del flutto.
E il remo e l’approdo su spiagge legnose
e oscuro stringere nel pugno
l’odore della sabbia senza notte
di poseidonia ed eucalipto secchi.

G. Asmundo, 2016)